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Melissa. L’interrogato torna a casa. Tensioni e pugni fuori la Questura

bombbrinROMA – La caccia la killer di Melissa continua. La questura di Brindisi ha lasciato uscire ieri sera alle 21,30 – a bordo di un’auto della polizia che l’ha ricondotto a casa – l’uomo che nel pomeriggio era stato ascoltato come «testimone» nel caso della strage di sabato alla scuola Morvillo Falcone. Non sarebbe lui il killer bombarolo della scuola, anche se il 50enne C.S., elettrotecnico residente nel quartiere Sant’Elia (a duecento metri dalla scuola) con una compagna e una figlia, è stato per tutta la giornata sospettato del peggiore dei reati. Insieme al fratello, M.S., ha sostenuto in questura un faccia a faccia con gli inquirenti durato oltre otto ore, ma che non sarebbe approdato a nulla di concreto.

Nella mattinata di ieri C.S. era stato dato per fuggitivo, perché gli inquirenti non l’avevano trovato nella sua abitazione. Vi aveva fatto ritorno nel primo pomeriggio, prelevato immediatamente da tre Volanti per essere condotto in questura. In tarda serata, invece, la dichiarazione: «Non abbiamo nessun indagato né arrestato, se le persone che vengono fermate solo per essere ascoltate come testimoni, o per fare dei riscontri, vengono identificate come mostri diventa difficile per noi lavorare» ha detto il capo di gabinetto della questura di Brindisi, Anna Palmisano. La giornata era stata piena di tensione e la dirigente faceva riferimento ai giovani che, poco prima, assiepati davanti alla questura avevano preso a calci e aperto un’auto-civetta della polizia. Nulla di fatto anche per l’interrogatorio di un terzo sospettato, R.N., ex militare dell’Aeronautica, ritenuto somigliante con l’autore dell’attentato ripreso nel video della telecamera di sorveglianza del chiosco di fronte alla scuola-martire.

A fare notizia, in queste ore di frenetiche ricerche del killer della scuola, è lo scontro tra la procura di Brindisi e quella antimafia di Lecce. La differenza di vedute tra la tesi del gesto isolato di un killer solitario del procuratore Marco Dinapoli e l’ipotesi più ampia, che comprendesse anche malavita locale o mafia del procuratore Cataldo Motta, si è ricomposta ufficialmente solo dopo l’incontro con i ministri Cancellieri e Severino. Lavorare uniti ora è il punto d’onore delle procure, con l’unico scopo di scoprire l’autore o gli autori di un gesto così vile. L’inchiesta è passata alla Dda di Lecce, con il sostituto procuratore Milto Stefano Denozza a fare da trait d’union per la procura brindisina, e l’ipotesi di reato è mutato da strage, in strage aggravata dalla finalità di terrorismo. «Tolta l’ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime, non c’è dubbio che qualsiasi altra ipotesi sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia da un’organizzazione eversiva, dalla mafia o dalla Sacra Corona Unita ha un effetto terroristico» ha spiegato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Il premier Monti, invece, dopo aver partecipato ai funerali si Stato di Melissa, è andato in visita ai parenti delle quattro studentesse ancora ricoverate.

IL VERTICE IN PROCURA. Per l’attentato di due giorni fa dinanzi all’istituto ‘Morvillo Falcone’ (una studentessa di 16 anni morta e altre cinque ancora ricoverate in ospedale) ora si indaga per il reato di strage con finalità di terrorismo. È stato il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, a riferirlo, dopo un vertice in Prefettura a Brindisi, presenti i ministri dell’Interno e della Giustizia, Anna Maria Cancellieri e Paola Severino. Che a compiere l’attentato siano stati un folle isolato, o più persone, oppure ancora un’organizzazione vera e propria, ha spiegato Grasso, l’obiettivo era comunque di provocare terrore nella gente, e dunque sale il livello di gravità del reato ipotizzato. In questo modo, durante il vertice, è stato ricomposto l’incidente diplomatico di ieri tra la Procura distrettuale antimafia di Lecce e la Procura di Brindisi riguardante competenza dell’inchiesta e valutazioni sullo stato delle indagini, anche se oggi lo stesso Grasso ha negato che ci siano state «frizioni». L’inchiesta sarà coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Lecce, alla quale viene aggregato per l’occasione un magistrato di Brindisi, Milto Stefano De Nozza.

QUALCOSA NON TORNA. La svolta nelle indagini sull’attentato che la gente attende non è comunque arrivata. «Rimangono ancora sullo fondo moventi e possibili concorrenti nel reato, che oggettivamente non è poco» ha detto oggi il ministro Severino. Restano molti dubbi, ad esempio, che l’attentatore abbia agito da solo, tant’è che oggi le attenzioni di investigatori e inquirenti si sono concentrate su almeno un paio di persone, fratelli e abitanti nel quartiere Sant’Elia, cioè a poche centinaia di metri dalla scuola ‘Morvillo Falconè. Perchè, ad esempio, nel video in possesso agli inquirenti, ricavato dalla telecamera fissa di un chiosco di fronte alla scuola, si vede che l’attentatore che schiaccia il telecomando ha una mano offesa. E allora, come può la stessa persona aver portato vicino all’ingresso della scuola, senza dare troppo nell’occhio, tre bombole di gpl del peso complessivo di almeno 70 chili da infilare in un cassonetto dei rifiuti per farle esplodere? Ecco perchè si fa strada l’ipotesi che l’attentatore abbia agito con un paio, se non addirittura tre complici per portare a compimento il suo macabro progetto. Chi può aver aiutato l’attentatore, allora? Una ipotesi porta ad una pista famigliare: solo ad un parente puoi chiedere di darti una mano in un atto del genere. Oppure, altra ipotesi, devi ‘assoldare’ qualcuno, una sorta di ‘utile idiota’ che, dietro un corrispettivo, si offra di avere un ruolo decisivo nell’attentato.

C’è un particolare, nel video in possesso degli inquirenti, che da questo punto di vista lascia perplessi. La mano assassina che schiaccia il telecomando facendo esplodere le bombole di gas compie il gesto e subito dopo si volta e va via, senza neanche vedere le conseguenze dell’esplosione. Un comportamento anomalo per una persona che ha progettato e compie un attentato. Ecco perchè si pensa all’azione combinata di più persone, magari legate da strette relazioni di parentela.

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