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Un’altra ingiusta storia infinita concorso per 559 Agenti della Polizia di Stato

L’ANIP-ITALIA SICURA con i suoi Avvocati è riuscita ancora una volta a rendere giustizia a chi si sentiva ingiustamente escluso -ha dichiarato – il Segretario Nazionale Flavio Tuzi.
IL TAR Lazio ha accolto con sentenza di merito i ricorsi proposti dagli Avvocati Santi Delia e Michele Bonetti riconoscendo fondata la tesi prospettata circa l’esistenza di evidenti vizi di violazione dell’anonimato che hanno caratterizzato le prove scritte del concorso per 559 agenti di polizia.

Come avevamo già chiarito in fase di adesione al ricorso, l’intera prova di selezione degli aspiranti allievi poliziotti si presentava affetta da manifeste illegittimità che avevano consentito a centinaia di nostri ricorrenti di prendere parte alle successive prove selettive, nonostante fossero stati esclusi da un test preselettivo contrastante con i più elementari principi della correttezza dell’azione amministrativa e della trasparenza.

Invero, in sede di conferma della misura cautelare richiesta e concessa, il T.A.R. – consolidando un orientamento negativo a causa di errate prospettazioni difensive sulla vicenda, per opera di differenti ricorsi – aveva ritenuto di non consentire la prosecuzione delle prove, sostenendo come non ravvisabili e/o rilevanti i vizi lamentati.

Al contrario, invece, richiamando la pronuncia dell’Adunanza plenaria del 2013, che noi stessi 4 anni fa avevamo ottenuto e dal cui esito seguirono migliaia di ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso, il Consiglio di Stato, già in fase di appello cautelare, aveva ritenuto sussistenti sufficienti ragioni per ordinare al T.A.R. Lazio di rivedere il proprio orientamento negativo e di provvedere ad approfondire la questione circa l’esistenza dei medesimi vizi di violazione dell’anonimato che, per primi in Italia, il nostro studio aveva individuato.

Il TAR, oggi, con sentenza di merito ha seguito tale via.

“I Giudici di Via Flaminia” – commentano gli Avv.ti Delia e Bonetti – ” hanno riconosciuto ed identificato, così come da noi prospettato, l’esatta identità tra i vizi che hanno caratterizzato la prova del concorso per 559 agenti di polizia, e quelli dei test di medicina su cui abbiamo vinto quattro anni fa innanzi all’Adunanza Plenaria”.

Secondo il T.A.R., difatti, “le modalità di svolgimento della prova a quiz, descritta e rappresentata graficamente dalla parte ricorrente, corrisponde in toto a quella già esaminata nelle richiamate pronunce gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. stato, A.P., 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28). Ne discende che, uniformandosi a tali precedenti e raccogliendo le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare (pur se formulate con un refuso quanto agli estremi della decisione richiamata), il Collegio deve dichiarare la fondatezza del secondo assorbente motivo di ricorso”.

Ancora più importanti sono gli “effetti dell’accoglimento di tale motivo” giacchè si decide l’ammissione dei ricorrenti e non l’annullamento dell’intero concorso.

“In proposito il Collegio deve dare atto che l’interesse espressamente azionato in via principale dai ricorrenti, è quello di essere ammessi al prosieguo dell’iter concorsuale, sebbene le censure formulate e i vizi riscontrati, condurrebbero, secondo logica, all’annullamento dell’intera procedura.

Ciò posto, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento espresso in alcuni analoghi precedenti (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 28 febbraio 2012, n. 457; T.A.R. Toscana, 27 giugno 2011, n. 1105) alle cui estese motivazioni, per esigenze di sintesi, si rinvia, in cui è stata ritenuta non praticabile la soluzione dell’annullamento integrale della prova, che non soddisferebbe se non in limitatissima parte le pretese di parte ricorrente e avrebbe pesantissimi effetti pratici, di cui non si può non tenere conto, per evitare che il rimedio ad una ingiustizia si traduca in una generalizzata e ben più grave ingiustizia per tutti i partecipanti, compresi quelli che si sono utilmente e meritatamente collocati in graduatoria.

Ne deriva che la soluzione più congrua, in un’ottica di attento bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, è quella dell’ammissione dei ricorrenti al prosieguo dell’iter concorsuale in soprannumero, dovendosi condividere l’affermazione fatta nei richiamati precedenti, secondo cui, pur essendo vero che “a fronte di una pluralità di ricorsi, (si) può concedere ad alcuni candidati un beneficio eccessivo rispetto alla lesione effettivamente subita e non corrispondente ai loro reali meriti; tuttavia, posto che non è rinvenibile nessuna soluzione priva di controindicazioni, quella accolta dal Tribunale appare più idonea delle altre a contemperare i diversi interessi in gioco e, soprattutto, ad evitare (nella logica della massima riduzione del danno) il rischio di provocare gli ingiusti pregiudizi prospettati con riferimento alle (altre) ipotesi”.

Il TAR inoltre ha lanciato un monito per il futuro all’amministrazione

“La decisione che precede avrà, come ulteriore effetto conformativo, l’onere per l’amministrazione di ripensare, per il futuro, le modalità con le quali espletare le diverse selezioni concorsuali che periodicamente bandisce, individuando forme di somministrazione dei test di prova che siano scrupolosamente rispettose del principio dell’anonimato, onde evitare, per il futuro, di incorrere in consistenti contenziosi, quale quello che ha interessato la procedura per cui è causa, e conseguenti inevitabili pronunce di accoglimento dei ricorsi, le cui pesanti ricadute sulle casse erariali sono facilmente intuibili”.

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