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Questura di Roma – Seconda salva di avvertimento – Poliziotti privati illegittimamente della dignità di lavoratore

Ennesimo abuso alla Questura di Roma per un poliziotto a cui sono stati tolti tesserino di riconoscimento, arma e manette di ordinanza senza diagnosi e poi messo a disposizione della CMO per probabili “difficoltà” mai diagnosticate né attraverso colloqui clinici con specialisti nè con strumenti diagnostici appropriati.

Il gesto di togliere ad un operatore di polizia il tesserino e l’arma a scopo cautelativo senza una diagnosi ma solo per presunzione non significa prendere cautele perché non è questo il modo per aiutare (eventualmente) un soggetto già vessato che serve fedelmente lo Stato e ha ogni giorno a che fare con le classi più disagiate della nostra società, ma significa privarlo della propria identità, del proprio status e del proprio valore.

Il lavoro non è solo salario ma è dignità e deve rispettare, promuovere e valorizzare la persona.

Le presunte “difficoltà” attribuite arbitrariamente al poliziotto in questione, sono state attuate in violazione di legge all’inizio con provvedimento cautelare senza alcuna diagnosi e reiterate illegittimamente poi come una “sindrome” senza una diagnosi certa e per di più assolutamente non formulabile da parte di un medico non specializzato.

Secondo la definizione dell’OMS il benessere psicologico è quello stato nel quale “l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali per rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, adattandosi costruttivamente alle condizioni esterne e ai conflitti interni”.

La nostra Amministrazione vuole apparire nelle sue dinamiche relazionali sensibile ed interessata alle tematiche legate al benessere psicologico e psicofisico dei suoi appartenenti, invece nella realtà non permette che si verifichino le condizioni necessarie affinché tale benessere sia una condizione da tutti raggiungibile.

Infatti, quando si interviene nei confronti di un operatore di polizia già sottoposto a lavoro usurante, sarebbe auspicabile un’attenzione e una comprensione più equilibrata, ancor di più se gli viene “diagnosticato” (seppur illegittimamente) una “difficoltà”.

Sarebbe stato necessario quindi nel caso in specie, una diagnosi di un professionista specializzato prima di privare della dignità una persona che ha superato un concorso e le visite psico-attitudinali di ammissione.

Se poi analizzassimo la peggiore delle ipotesi in cui il soggetto veramente potrebbe essere affetto da una grave patologia, ci troveremo di fronte un rischio sicuramente correlato alla stessa vita umana.

Le reazioni a questo evento punitivo per il ripetuto operatore di polizia, che è a tutti gli effetti costituiscono un vero e proprio trauma, sono molto variabili e soggettivi e più gravi se riguardano un over 50.

Alcuni soggetti si lasciano talmente prendere da questo sconforto e dal non riuscire a intravedere nessuna via d’uscita, a maggior ragione in presenza di provvedimenti disciplinari “strumentali” e vessatori.

Esiste, inoltre, in queste situazioni il rischio di sviluppare una particolare forma di depressione legata a questa situazione denominata HD (Hopelessness Depression) ovvero depressione da mancanza di prospettive e di speranza, e si distingue dalle altre forme di depressione in base non ai sintomi ma alle CAUSE scatenanti: la persona che la sperimenta si trova in un vero stato di “disperazione” che può portare all’ideazione suicidaria fino ai tentativi veri e propri di suicidio.

Non è tollerabile il modus operandi della Questura che “utilizza” medici che dovrebbero avere altre funzioni.

Roma 12 giugno 2017

Il Segretario Generale Nazionale
dott. Flavio Tuzi

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