Piazza della solitudine. L’anziana signora prende le poche cose insieme ai suoi ricordi che non occupano spazio, non stanno tra le mani, stanno dentro l’anima e nessuno può sfrattarli. Un uomo in divisa blu, casco sotto braccio, guarda e ingolla amarezza. Per strada ci sono tutti, non mancano mai. Telecamere, telefonini, microfoni aperti e le solite domande tra le quali, immancabile: “ma c’era bisogno di questo spiegamento di forze?”. Si sa, la colpa qualcuno deve pur prenderla.
Piazza Indipendenza. Un’alba come tante altre, un altro sgombero annunciato da giorni. Rifugiati, chiedenti asilo. Persone, solo persone. Hanno sogni, pensavano di essersi sistemati in qualche modo, al centro di Roma. Gli uomini in divisa blu entrano nello stabile. Comincia la resistenza. Le donne urlano, ininterrottamente, nessuno le sta toccando, ma urlano. Spintoni, tira e molla, non si vuole andar via, non si può lasciarli dentro. Alla fine escono. Si siedono a terra e bloccano la via. Vogliono restare, a tutti i costi.
A tutti i costi devono essere mandati via.
Lanciano di tutto, cercano lo scontro, bruciano cartoni, bombole del gas, stracci.
L’idrante spegne il fuoco ed è diretto contro gli uomini e le donne seduti a terra. Un poliziotto si trova in mezzo e fa anche lui la doccia d’acqua sparata piano, debole, per non far male. Continuano i lanci, continuano le urla. Il getto d’acqua diventa un po’ più potente. Scappano e vanno verso la stazione.
Alcuni di loro devono essere fermati, i più violenti, quelli che speculano sulla pelle degli altri, qualsiasi colore abbia. Un via vai di gambe davanti alla stazione Termini. Ma dove sono finiti? Non si riescono a raggiungere. E se tirano ancora roba?
Il dramma si consuma qui, per una frase, anzi un’iperbole.
Unanime coro di sdegno, mani che si battono il petto per la vergogna, titoli sui giornali, interviste,
rimpalli, accuse, slogan. Volano stracci verbali, si divide il dibattito pubblico, si dividono i partiti, interviene anche il Vaticano con le dichiarazioni del Segretario di Stato. Si è in attesa di un tweet di Trump.
“L’idea che alla violenza non si debba rispondere con la violenza è teologica, filosofica. I Reparti Mobili devono assolvere ai loro compiti e rispondono alla violenza con l’uso della forza.
Questo è il compito preciso che hanno e che mediano costantemente affrontando ogni singolo intervento con tutta l’umanità di cui sono capaci fino al limite oltre il quale, se non rispondessero, lo Stato soccomberebbe alla prepotenza di chi non rispetta le leggi.”.
Così, Flavio Tuzi, segretario generale di Anip – Italia Sicura, interviene sulle polemiche di questi giorni e prosegue: “Noi non entriamo sulle responsabilità delle singole istituzioni territoriali, queste sono valutazioni di ordine politico e non di Polizia.
Noi sappiamo di dover valutare i diritti individuali come la libertà di manifestare, i diritti collettivi, come l’ordine e la sicurezza pubblica, il rispetto delle leggi e delle ordinanze. In questo contesto faccio notare che la resistenza opposta allo sgombero era organizzata, preparata, voluta. Una frase gergale è il problema?”